Angry Birds: App Store e le scelte di marketing

Angry Birds: App Store e le scelte di marketing


Anche oggi riprendiamo la storia di Rovio, celebre software-house sviluppatrice di Angry Birds. Questa volta parlerò del rapporto tra l’azienda e l’App Store di Apple. Il fine di questa serie di post è cercare di approfondire il percorso che ha portato il gioco al successo planetario, le scelte intraprese, le sconfitte e i retroscena di quella che oggi sembra un’azienda miracolata.

Come ho scritto la scorsa volta, Rovio sviluppava per diverse piattaforme e diversi clienti. Dopo la bancarotta il numero di dipendenti era calato da 50 a 12. Al settore marketing non avevano nessuno e sebbene la qualità dei giochi fosse molto buona (lo dimostrano i clienti per i quali l’azienda lavorava) non crederete che si ha successo solo per questo, vero? App Store in quel momento fu letto come un segno di cambiamento: una svolta.

Lo store di Apple dava loro la possibilità di utilizzare un unico canale di distribuzione senza dover intrattenere rapporti con le varie case produttrici di videogame. Anziché negoziare individualmente con i clienti e gli operatori, ora potevano raggiungere un audience di milioni di potenziali clienti attraverso un’unica compagnia: Apple. In una sola mossa potevano definitivamente risolvere il problema della distribuzione e concentrarsi sullo sviluppo.

A dicembre 2009 Angry Birds debutta in App Store: fu un flop. Nei mercati di lingua inglese, quelli più lucrativi, non ottenne risultati almeno per i primi 3 mesi. Il problema era la strategia: sperare di ottenere successo in uno store pieno di applicazioni era impensabile. Presto organizzarono una strategia di rilancio: bisognava aggredire mercati più piccoli. Per salire ai primi posti della classifica dell’App Store finlandese servivano poco più di 100 download. Idem per Svezia, Danimarca, Grecia e Repubblica Ceca. Prima di ottenere una certa trazione in UK e US, che ora generano il 90% degli introiti di Rovio, dovettero totalizzare più di 30.000 download nei mercati più piccoli. Non pensiate che 30.000 download siano poca cosa: era molto più della media delle altre app. Tutto qui? Assolutamente no.

La seconda mossa geniale, merito di Matt Wilson (capo del marketing di Rovio), fu quella di stringere l’accordo di distribuzione del titolo direttamente con Chillingo. La casa indipendente, all’epoca, aveva già riscosso molto successo in seguito ad una vasta scelta di titoli per iPhone/iPod touch e godeva di ottimi rapporti con Apple. Il giorno 11 febbraio 2010 Apple accettò di promuovere l’applicazione sulla prima pagina dell’App Store del Regno Unito come gioco della settimana. Per supportare la campagna pubblicitaria nel migliore dei modi, Rovio aveva pubblicato su YouTube un video trailer del gioco (il secondo video trailer nella storia dei giochi per iPhone).

Nei tre giorni che precedettero la pubblicazione dell’inserzione sullo store inglese, l’azienda sviluppò altri 42 livelli (più complicati e meno banali rispetto agli originali) e realizzò anche una versione Lite completamente gratuita. Dopo quei 3 giorni l’applicazione scalò la classifica dell’App Store: da oltre il 600° posto al 1°. Ad aprile era prima anche in US. Senza possedere un budget di spesa da killer-game, Rovio era entrata nel firmamento con il suo gioco perfetto.

Questa storia ci offre la possibilità di capire come la posizione di un’applicazione e il suo successo non siano affatto proporzionali alla sua qualità o al budget di spesa. I fattori sono tanti, soprattutto legati al marketing. E’ bene tenere a mente questa lezione quando si vuole lanciare un’applicazione di successo. Questo racconto dimostra quanto determinante sia stata la partnership con Chillingo e soprattutto il consenso di Apple all’inserimento dell’applicazione nella prima pagina di App Store UK. La morale è: non è una questione di mero sviluppo.

[Via Wired UK – Issue 04.11]

Tutti i post sulla storia di Rovio

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