Brevetti: Apple chiede alla FTC una riforma per arginare i Patent Troll

Del 2009 ad oggi, Apple è stata chiamata in causa in circa 200 evidenti casi di patent trolling. Adesso, gli avvocati di Cupertino si ribellano...
Brevetti: Apple chiede alla FTC una riforma per arginare i Patent Troll
Del 2009 ad oggi, Apple è stata chiamata in causa in circa 200 evidenti casi di patent trolling. Adesso, gli avvocati di Cupertino si ribellano...

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Aggiornamento del 11 febbraio 2014

Apple è, più di ogni altra compagnia, Apple, la preferita dai Patent Trollvittima dei patent troll. L’ultimo caso data della scorsa settimana: Apple è stata bersaglio di una di quelle aziende che non producono null’altro che brevetti destinati ad essere usati negli accordi di licenza per incassare royalties, nella fattispecie è stata un’azienda tedesca che ha chiesto 157 miliardi di euro di danni a Apple.

Noreen Krall, l’avvocato di punta del team di Cupertino, ha chiamato in causa la Federal Trade Commission (FTC) affinché venga riformato il sistema di assegnazione dei brevetti (documento consultabile in PDF). Krall fa presente che Apple è presa di mira come nessuno dai patent assertion entity (PAE – l’appellativo giuridico dei patent troll) e chiama in causa il Leahy-Smith American Invents Act , le raccomandazioni firmate dal presidente Obama nel settembre 2011 per cercare di arginare il problema dei PAE. Il progetto di legge è passato alla Camera dei Rappresentanti nel dicembre 2013 con un largo appoggio bipartisan ed ora dovrebbe essere convertita in legge al Senato.

Apple chiede in particolare di insistere nella ricerca di soluzioni innovative a un problema che si è trasformato come una “tassa sull’innovazione che non apporta nulla di valore al mercato”, come sostiene anche lo sviluppatore Austin Meyer, attore dell’inchiesta che riproduciamo in video qui sopra.

Uno studio della Boston University stima il danno diretto dei patent troll a circa 29 miliardi di dollari per anno, il che equivale alla cifra da capogiro di 21,25 miliardi di euro per anno. Questa cifra non considera gli accordi fuori aula che spesso le aziende sono costrette a stringere con in PAE. Il problema maggiore, conclude lo studio, proviene dal sistema di brevetti che non premia le aziende che sviluppano nuova tecnologia, mettendo in pratica quanto contenuto nei brevetti.

Il sistema è talmente perverso che Apple, in 51 casi chiusi su 57, ha pagato il troll malgrado avesse avuto la meglio in tribunale. Le sei altre cause si sono invece concluse con una schiacciante vittoria di Cupertino o il ritiro dei querelanti. L’avvocato Krall ha spiega il paradosso nel seguente modo:

Apple a rarement perso sulle ragioni di fondo, ma la vittoria non è che una piccola consolazione perché, ad ogni volta, Apple è stata costretta a pagare le spese giuridiche. Questo è quanto fa vivere i patent troll. (…) Le negoziazioni iniziano spesso con i PAE che fanno notare che un accordo costerebbe meno caro di una causa portata davanti ai giudici. Non bisogna stupirsi quindi che, malgrado il successo di base, Apple accetti firmare accordi la maggior parte delle volte. (fonte: Chicago Tribune – traduzione libera)

via | macg

Apple, la preferita dai Patent Troll

Scritto da Ruthven, il 29 agosto 2013

Si chiama patent trolling il dubbioso business del comprare brevetti per poi intentare causa alle aziende che usano una tecnologia similare, il tutto senza produrre nessun tipo di tecnologia legata ai suddetti brevetti. Fra le vittime del patent trolling, Apple è l’azienda che è stata più presa di mira negli ultimi 5 anni.

Va detto che il business di acquistare brevetti è in continua crescita, proprio grazie ai proventi ricavati dalle cause legali legate a questi. Un numero sempre crescente di “entità non praticanti” ( non practicing entities, NPEs), anche chiamate Patent Trolls, ha preso di mira Apple con 171 cause registrate nel periodo che va dal 2009 a giugno scorso, secondo una ricerca di PatentFreedom, un’azienda che segue l’attività di 710 entità non praticanti e di 2500 aziende loro sussidiarie o affiliate.

Possiamo citare vari esempi recenti di questo tipo di causa che ha implicato Apple. Nel novembre 2012, NovelPoint denunciava Apple per la violazione presunta di un brevetto legato alla geolocalizzazione su iPhone e tutti gli altri dispositivi iOS. L’accusa è stata poi estesa anche a anche RIM, HP e HTC; mal comune, mezzo gaudio, direbbe Tim Cook. Un mese dopo, nel dicembre 2012, la Corte del Delaware giudicava Apple colpevole della violazione di ben tre brevetti detenuti da MobileMedia Ideas, un’altra società con una solida fama di Patent Troll.

Secondo uno studio di settore, il 40% di tutte le cause del 2011 negli USA sono state intentate da Patent Troll. “Ultimamente, un brevetto non è altro che una licenza per citare in causa qualcun’altro“, ha spiegato in un recente seminario a Stanford Michael Brody, specialista in proprietà intellettuale presso Winston & Strawn. Nulla di più vero, se osserviamo le battaglie legali a base di vistosi portafogli di brevetti fra aziende del mondo della tecnologia.

Fra gli altri bersagli di cause da parte di NPe, Apple è seguita negli ultimi cinque anni da Hewlett-Packard (137 cause), Samsung (133), AT&T (127), Dell (122), Sony (110) e HTC (106). Ovviamente, i bersagli di queste denunce per violazione di brevetto, le grandi aziende informatiche, considerano i Patent Troll parassiti tecnologici, visto che si limitano a registrare e brevettare processi, piuttosto che produrre la tecnologia relativa.

Secondo i dati registrati da Brody, una NPe ha 24,1% di possibilità di guadagnare da una causa per violazione di brevetto, sia per patteggiamento che vincendo effettivamente la causa. Con un guadagno medio di 800 mila dollari, si capisce perché questo fertile ramo stia attraendo tante entità negli ultimi anni.

Via | Fortune
Foto | Jens Rost

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