I nastri perduti delle interviste a Steve Jobs

Scavando nei suoi cassetti, Brent Schlender ha ritrovato una vecchia intervista su nastro a Steve Jobs, negli anni dell'esilio da Apple. Uno squarcio di luce nel periodo meno conosciuto della vita dello storico iCEO.
I nastri perduti delle interviste a Steve Jobs
Scavando nei suoi cassetti, Brent Schlender ha ritrovato una vecchia intervista su nastro a Steve Jobs, negli anni dell'esilio da Apple. Uno squarcio di luce nel periodo meno conosciuto della vita dello storico iCEO.


Brent Schlender, storico giornalista tech e prestigiosa firma del WSJ, di Fortune e di Forbes ha scovato nei cassetti della propria scrivania delle vecchie registrazione su nastro di un’intervista fatta a Steve Jobs negli anni più bui e meno documentati della sua carriera, ovvero il periodo dell’esilio da Apple avvenuto tra il 1985 e il 1996. Si parla della vita, della rabbia verso Cupertino e dell’amore per Pixar.

Nell’articolo su Fast Company Magazine, Schlender racconta degli “anni selvaggi” di Jobs,” i più importanti di tutta la sua esistenza e probabilmente i più felici:

Si è sposato e ha messo su famiglia. Ha appreso il valore della pazienza e la capacità di simularla quando la perdeva. Ma più importante di tutto, il lavoro portato avanti nelle due società che dirigeva al tempo -NeXT e Pixar- avrebbe poi spinto Apple ad altezze inimmaginabili al suo ritorno.

Il che equivale a dire che non sono tanto i successi a modellarci, quanto piuttosto i fallimenti e gli insegnamenti che ne traiamo. Ma ci sono altre massime che gettano un po’ di luce sulla complessa personalità dello storico iCEO.

Sul modello dell’Open Corporation (ovvero quello delle società private, le cui azioni sono in mano ai privati), diceva:

Mettiamola così. Se guardate al vostro corpo, le vostre cellule sono specializzate, ma ognuna di esse possiede al suo interno un progetto più grande, quello dell’intero corpo. Noi crediamo che la nostra società sarà la migliore possibile se ognuna delle persone che ci lavora comprende quel progetto più grande, e lo usa come metro di giudizio per prendere le decisioni.

Sulla Pixar:

“Questi ragazzi erano molto più avanti di noi sulla grafica, molto più avanti,” ricordava Jobs. “Erano avanti a chiunque. Me lo sentivo nelle ossa che questa sarebbe stata una cosa molto importante.”

Qui, invece, c’è la differenza tra i dipendenti Apple e quelli delle altre società, almeno nella visione di Jobs:

La differenza tra il miglior lavoratore su computer e la media è probabilmente di 2 a 1, se sei fortunato. Con le automobili, magari 2 a 1. Ma col software, è almeno 25 a 1. La differenza tra il programmatore medio e uno grandioso è almeno di quella portata. Il segreto del mio successo è che abbiamo fatto sforzi straordinari per assumere le migliori persone al mondo. E quando lavori in un campo dove il range dinamico è di 25 a 1, bè, certo che ti ripaga.

Sul collega Jonathan Ive, racconta:

Abbiamo portato avanti tanti prodotti, e ogni volta Jony e io ci guardavamo e ci dicevamo “non sappiamo come farlo meglio di così, proprio non lo sappiamo,” mi diceva Jobs. “Ma ci riusciamo sempre; lo facciamo in un altro modo. Poi, non passa molto perché venga fuori qualcosa di nuovo. Allora guardiamo al vecchio e ci diciamo ‘com’è possibile che abbiamo fatto una cosa del genere?’ “

E infine, una riflessione sul Mac. Un computer in grado di trascendere l’hardware di cui è composto e trasformarsi in un classico:

La tecnologia su cui ci siamo concentrati negli ultimi 20 anni diventa parte di uno strato sedimentario” mi ha detto una volta. “Quando Biancaneve è stata rilasciata di nuovo su DVD nel 2011, noi siamo state una delle 28 milioni di famiglie che sono corse a comprarne una copia. Era un film vecchio di 60 anni, e mio figlio lo guardava e lo amava. Non credo ci sarà qualcuno che batterà il Mac da qui a 60 anni a partire da ora.

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