iAd, Apple semplifica i requisiti delle campagne e somiglia sempre più a Google

Nel tentativo di rilanciare il proprio network pubblicitario, Apple l'ha allargato anche ai non-sviluppatori, e in più ha lanciato il supporto ai video.
iAd, Apple semplifica i requisiti delle campagne e somiglia sempre più a Google
Nel tentativo di rilanciare il proprio network pubblicitario, Apple l'ha allargato anche ai non-sviluppatori, e in più ha lanciato il supporto ai video.

Visto che la strategia iniziale -multinazionali enormi con budget ciclopici- non ha pagato, Apple è stata costretta nel tempo a rivedere più volte le strategie di vendita relative ad iAd, il network pubblicitario di lusso della mela. L’idea iniziale era di creare banner poco invasivi e dotati di un altissimo livello di qualità e interattività: praticamente, delle piccole opere d’arte pubblicitaria che avrebbero invogliato qualunque utente a fare clic. Così, per il gusto stesso di guardare uno post benfatto.

Il problema è che i gusti degli utenti, quando si parla di pubblicità, sono molto meno sofisticati del preventivato, e nella loro grossolana saggezza preferiscono comunque evitare di sorbirsi una recláme, benché bellissima. Ecco perché, consumato l’effetto novità, le iAd hanno rischiato di cadere nell’oblio se Cupertino non avesse messo in campo un’articolata controffensiva; dapprima, ha aumentato i compensi agli sviluppatori, poi ha tagliato i budget minimi per le campagne e infine ha iniziato a concentrarsi su iTunes Radio. Ora, sottolinea Ad Age, arriva una nuova tessera dello stesso mosaico: chiunque dotato di un Apple ID, anche se non iscritto come sviluppatore a pagamento, potrà intestarsi un account iAd Workbench e creare la propria campagna di marketing. Insomma, porte spalancate anche piccoli inserzionisti dotati di piccoli budget:

All’alba del suo business pubblicitario mobile, Apple ha esteso i suoi rami ad un gruppo selezionato di marchi, promettendo risultati di prim’ordine. Ma gli inserzionisti hanno subito rispedito al mittente l’offerta, giudicata piuttosto costosa. Ora sembra che Apple abbia concluso che i soldi dalle pubblicità mobili derivano da una rete più ampia; in breve, ora somiglierà molto di più a Google.

Ma i prodromi dell’emulazione si vedevano già qualche settimana fa, quando iAd ha lanciato le cosiddette “pubblicità interstiziali,” ovvero gli odiosi spot che occupano l’intero display del dispositivo e che lì restano finché non si tocca il pulsante giusto. Un cambiamento di stile, oltre che di sostanza, davvero impressionante.

Tra l’altro, pare che Apple re-introdurrà anche il supporto ai video all’interno degli spot, una feature che da principio era appannaggio dei grossi inserzionisti e che poi fu eliminata in corso d’opera. Per maggiori informazioni sugli strumenti a disposizione, è possibile consultare questa pagina del sito Apple.

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