Perquisizioni Apple Store, partita la seconda class action dei dipendenti

In tutti gli Apple Store vige una pratica che costringe i manager ad ispezionare le borse dei dipendenti. Una tradizione poco trasparente che ha causato già una seconda class action.
Perquisizioni Apple Store, partita la seconda class action dei dipendenti
In tutti gli Apple Store vige una pratica che costringe i manager ad ispezionare le borse dei dipendenti. Una tradizione poco trasparente che ha causato già una seconda class action.

Aggiornamento del 15 ottobre 2013, a cura di Giacomo Martiradonna.

Nei suoi punti vendita, Apple impone ai dipendenti l’ispezione delle borse e degli zainetti ogni qual volta lasciano il posto di lavoro, anche solo per la pausa pranzo o per la fine del turno; è una pratica in uso anche in altre società che funge da deterrente ai furti e che richiede dai 5 ai 15 minuti per essere portata a termine. Tutti, infatti, debbono mettersi in fila davanti all’ufficio del manager e attendere pazientemente; poi, finita la perquisizione, sono liberi di andare.

Per i dipendenti a tempo determinato o indeterminato, poco male: rientra nelle operazioni di routine legate al proprio impiego. Ma per i lavoratori a ore -pagati, cioè, in base ai minuti di lavoro effettivi- suona tanto come una presa in giro, ed ecco perché la prima class action è partita durante l’estate, e ora se ne è aggiunta pure un’altra. A riguardo, Law360 riporta:

Ai querelanti e agli altri impiegati a ore era ed è richiesto di attendere in coda per i controlli di sicurezza almeno 10-15 minuti ogni giorno, prima di poter abbandonare la postazione per il pranzo o alla fine del turno, ben oltre la fine del loro orario. Questa attesa quotidiana non remunerata serve per scovare possibile merce di contrabbando e/o impedire il taccheggio dell’inventario.

Al momento non è dato sapere il numero esatto dei partecipanti alla Class Action, ma con oltre 40.000 collaboratori e dipendenti sparsi per il mondo, non ci sorprenderebbe se la cosa guadagnasse trazione.

Ciò che sorprende della vicenda, tuttavia, lo abbiamo già ribadito diverse altre volte su queste pagine. È fastidioso, per non dire scandaloso, che un franchise da 560$ per metro quadro e 40$ per visitatore (più di Tiffany e Harrods!) conti i secondi di permanenza in negozio -con paghe tutt’altro che lusinghiere- e poi si metta a scialacquare con nonchalance il tempo che non le appartiene. E intendiamoci, il fatto che la cosa sia legale non la rende eticamente giusta, tant’è che anche Amazon sta fronteggiando malumori simili. La colpa, lo diciamo senza peli sulla lingua, è del legislatore, e solo per forza di legge si possono raddrizzare certe cattive abitudini.

Ispezioni nelle borse dei dipendenti Apple Store, partita la class action

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Negli Apple Store (di tutto il mondo?) esiste una politica che impone ai manager di frugare nelle borse e negli zaini dei dipendenti alla ricerca di prodotti rubati prima di ogni pausa pranzo, break o semplicemente a fine turno. Una pratica un filo degradante che richiede dai 5 ai 15 minuti per essere portata a termine. Per questa ragione, Amanda Frlekin e Dean Pelle, due ex-Specialist del retail Apple, hanno deciso di dare il via ad una class action per mettere un freno alla faccenda:

Apple ha dato il via -e continua a perpetrare- delle pratiche improprie e illegali nella gestione dei salari che ha privato gli impiegati di tutti gli Stati uniti di milioni di dollari in emolumenti e straordinari. Queste pratiche includono l’obbligo di stare in fila mentre si attendono le ispezioni di sicurezza delle borse fuori dagli orari di lavoro, ogni qual volta i dipendenti debbano uscire per la pausa pranzo oppure prima della fine dei propri turni.
Queste “ricerche nelle buste e nelle borse del personale” sono condotte a esclusivo beneficio di Apple; si tratta di una pratica uniforme e di una politica presente in tutti gli Apple retail store del paese che però non viene imposta anche ai clienti. L’illegalità di questa pratica è nota da anni eppure Apple continua a richiedere che gli impiegati a ore [Hourly Employee nell’originale, n.d.A.] di attenersi a questi controlli di sicurezza obbligatori ma non remunerati.

Per questa ragione, si legge poco dopo, i ricorrenti pretendono il risarcimento degli stipendi e degli straordinari non corrisposti, i danni fisici e morali, gli interessi, oltre che ovviamente le spese processuali. Una nuova tegola che cade tra capo e collo a Tim Cook, proprio nel momento in cui tornano ad inasprirsi le critiche per le penose condizioni di lavoro negli impianti dei partner asiatici della società.

La causa è stata depositata nel distretto della California del Nord, e la documentazione preliminare è disponibile a questa pagina in formato PDF. Vedremo come andrà a finire, ma l’amaro resta: quando lo stipendio in busta paga viene calcolato sui secondi effettivi di permanenza in negozio, fa rabbia che i 15 minuti di vita sottratti ogni giorno ad ogni dipendente non abbiano alcun valore. E torniamo a ripeterlo: su questo fronte, da Apple ci aspettiamo molto di più.

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