L'evoluzione di Apple nell'era di Tim Cook

Sotto la gestione di Cook, molte cose a Cupertino -piccole e grandi- sono mutate radicalmente. A distanza di 9 mesi, Fortune racconta la nuova Apple, più aziendalista e un po' meno artista.
L'evoluzione di Apple nell'era di Tim Cook
Sotto la gestione di Cook, molte cose a Cupertino -piccole e grandi- sono mutate radicalmente. A distanza di 9 mesi, Fortune racconta la nuova Apple, più aziendalista e un po' meno artista.


Non sono solo i programmi di raccolta fondi, i buoni sconti per i dipendenti, i dettagliati resoconti sugli impianti di produzione e i dividendi agli azionisti. Le differenze nella gestione di Apple tra Tim Cook e il suo predecessore è iniziata con tante piccole novità che rapidamente stanno determinando una cesura sempre più netta col passato, pur mantenendo la giusta dose di continuità. A distanza di nove mesi dal suo insediamento, Fortune tira le somme e racconta com’è cambiata la vita a Cupertino ora che Steve Jobs non c’è più.

L’era Cook ha un pregio significativo. Sta mettendo ordine dove Jobs, per pure ostinazione, lasciava correre:

Cook, un veterano della società, sta mantenendo viva -attraverso le parole e le azioni- la maggior parte della cultura aziendale di Apple. Ma i cambiamenti nel comportamento e nel tono sono evidenti; alcuni di essi modificano il cuore del processo produttivo critico di Apple. In generale, Apple è diventata lievemente più aperta e decisamente più azienda. In alcuni casi, Cook ha finalmente intrapreso quei provvedimenti di cui Apple aveva assoluta necessità e che i dipendenti chiedevano a gran voce. E’ come se si stesse facendo strada attraverso una lista di riparazioni a lungo rimandate che il precedente inquilino (Jobs) si rifiutava di risolvere per nessun’altra ragione che la sua ostinazione.

Un approccio più tecnico ed aziendalista che non sorprende: Cook, dopotutto, è stato definito il “maestro dell’efficienza operazionale;” la catena delle forniture è il suo habitat naturale, e la grande logistica il suo pane quotidiano. Ciò, d’altro canto, sembra stia trasformando Apple in una società più tradizionale e conservatrice, una sorta di “motore d’esecuzione” guidato da manager col fiuto per gli affari ma meno legati al design e agli aspetti tecnici. E’ un po’ come se la creatività, priorità assoluta della precedente gestione, avesse improvvisamente lasciato il passo al project management e al global-supply management. Come se, con la scomparsa di Jobs, Apple ci avesse rimesso un pezzo d’anima.

E che dire del debutto di Siri? Raramente a Cupertino rilasciano prodotti che versano in stato di beta, e per tanto a lungo:

Il segnale definitivo dei cambiamenti tettonici presso Apple sta nella qualità dei suoi prodotti. Quanti cercano difetti li hanno trovati in Siri, un prodotto non propriamente perfetto che Apple ha rilasciato con una rara etichetta di beta nel 2011, che allude all’immaturità del servizio. I tempi di risposta di Siri sono lenti, e ciò implica che i server e i software che la animano risultano inadeguati. “La gente è imbarazzta da Siri” afferma un ex insider. “Steve avrebbe fatto il diavolo a quattro.”

Jobs era temuto, riverito e adorato come un messia, un dio vendicatore, o giù di lì. Cook è esigente ma vibra su tutt’altra lunghezza d’onda. Sarà anche solo un semplice mortale, ma fino ad ora si è saputo guadagnare perfino più stima e simpatie del suo predecessore. Se questo sia un bene o un male, però, sarò il tempo a dirlo.

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