Shipp (ex Apple): "la tecnologia ha senso solo se tocca le vite"

Al Shipp, ex dipendente Apple, racconta com'era lavorare a Cupertino. "La tecnologia," spiega, "ha senso solo se tocca le vite."
Shipp (ex Apple):
Al Shipp, ex dipendente Apple, racconta com'era lavorare a Cupertino. "La tecnologia," spiega, "ha senso solo se tocca le vite."

Al Shipp, CEO di 3VR ed ex dipendente Apple, ha raccontato a Wired cosa si provava a lavorare nel gruppo vendite e marketing di Cupertino, e come è riuscito a trasformare la Enterprise Division nella sezione business più redditizia della società. E dalle sue parole, stilla copiosa la filosofia di Steve Jobs.

Negli anni, Shipp ha lavorato per IBM (“Facevo parte del team che progettava il primo gruppo di stampanti per PC IBM”), Critical Path, Inktomi Corporation e BEA Systems, ma solo in tempi più recenti ha fatto il salto nella mela. Ed è stato lì che ha appreso alcune delle idee che più lo hanno cambiato, come questa: “perché la tecnologia abbia un senso, deve toccare la vita della gente.”

Una massima che riverbera in pieno i baleni del pensiero dello storico iCEO. Ricordate una delle sue massime più note? “Voglio lasciare un segno nell’universo.” Ed è estremamente appagante, spiega, scoprire che in molti luoghi del mondo, persone tanto distanti e diverse da noi utilizzano quotidianamente il medesimo dispositivo:

Quando sono in viaggio per il globo, ma forse dipenderà da come sono fatto, provo una sensazione di familiarità e di benessere se vedo le persone utilizzare i medesimi dispositivi che vedo anche a casa.”

È un po’ come far parte di una grande comunità, insomma. Ed è un piacere che solletica anche Jonathan Ive: “mi dà un’incredibile emozione e soddisfazione vedere la gente con le inconfondibili cuffie bianche di Apple alle orecchie.”

Ovviamente, non aspettatevi umanità o comprensione: lavorare per Apple è difficile, e richiede costantemente il raggiungimento dell’eccellenza. Pendiamo ad esempio gli Apple Store. In quel caso, lo scopo ultimo non è guadagnare soldi, ma deliziare il cliente; gli ottimi affari che ne derivano sono solo un effetto collaterale derivante dall’applicazione di questa policy. Il sorriso perennemente stampato sul volto e la disponibilità, talvolta perfino invasiva, degli addetti alle vendite è una delle caratteristiche principali di un’incursione nei negozi con la mela. Verrebbe quindi da credere che i loro stipendi siano generosi in modo proporzionale a quelli elargiti al top management (ricordate i faraonici 2 milioni di dollari al mese per Bob Mansfield?) e invece non è affatto così:

Ciò che sembra iniquo sia per chi sta dentro che fuori Apple, è che Apple paga i suoi CEO il massimo che può, mentre agli impiegati del retail offre il minimo con cui riesce a farla franca. Chiaramente Tim Cook resterebbe ad Apple anche per un compenso molto inferiore ai 570 milioni di dollari, mentre altrettanto chiaramente molti impiegati rassegnano le dimissioni a causa dei bassi stipendi.

E d’altro canto, l’ondata di scioperi negli Apple Store francesi, statunitensi e italiani si commenta da sé.

Ma per uno come come Al Shipp, non è certamente questo il problema. La ragione per cui ha lasciato Apple non è per la pressione lavorativa (Steve Jobs una volta disse: “devi essere la qualità fatta persona. Alcuni non sono abituati a lavorare in un ambiente in cui ci si aspetta l’eccellenza.”) ma la mera passione per le sfide. “Il compito di un CEO” ha concluso Shipp parlando della sua nuova avventura in 3VR, “non è di vendere più prodotto, ma di trainare il cambiamento e portare a miglioramenti. Credo che solo l’innovazione sia in grado di sparigliare le carte.”

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