UE:"USA non proteggono privacy," le implicazioni per Apple

La Corte UE ci è andata giù pesante. Gli USA non forniscono garanzie sufficienti per la privacy degli utenti del Vecchio Continente. Ecco cosa cambia per Apple Google, Amazon e Facebook.
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La Corte UE ci è andata giù pesante. Gli USA non forniscono garanzie sufficienti per la privacy degli utenti del Vecchio Continente. Ecco cosa cambia per Apple Google, Amazon e Facebook.

Con una decisione dal sapore storico, la Corte di Giustizia UE ha stabilito che la “decisione della Commissione europea sul Safe Harbour non è valida” e che dunque gli enti regolatori dell’Unione possono -se lo desiderano- interrompere i trasferimenti di dati verso gli Stati Uniti. Terremoto in arrivo.

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Questa è l’ammissione esplicita che non ci fidiamo delle politiche di sicurezza messe in atto oltreoceano, soprattutto alla luce del recente Datagate.

Nonostante, l’impegno di Apple nella difesa della privacy dei propri utenti, il problema genererà grosse ripercussioni e non poco imbarazzo diplomatico; l’America, in altre parole, non è più considerata un porto sicuro per i dati personali dei cittadini europei, e quindi su Apple, Amazon, Google, Twitter, Facebook e compagnia potrebbe presto piovere un ordine tanto perentorio quanto di difficile realizzazione: impedire che i nostri dati lascino il continente.

Cosa accadrebbe, si chiede Guido Scorza, se Facebook o Apple dovessero vedersi inibito l’accesso ai loro giganteschi datacenter? E parliamo di strutture immense, utilizzate per iCloud, iTunes, App Store e così via. Ma il vero problema è un altro.

Ora che esiste un precedente, chiunque può appellarsi alla propria Autorità per per la garanzia della privacy di uno dei 28 Paesi europei, e dare così inizio ad un iter giuridico dall’esito tutt’altro che scontato. In pratica, assisteremo ad una frammentazione della materia che scoraggerebbe start-up e multinazionali dal portare servizi nel Vecchio Continente. Quella che manca, in questo caso e come al solito, non è la volontà ma la coesione. Ogni paese può dire la sua sull’argomento, e questo ai tempi di Internet rappresenta un problema insormontabile. Almeno sulle faccende della Rete, insomma, sarebbe il caso di perseguire una politica decisionale snella e soprattutto coerente tra tutti gli Stati membri.

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